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SISTEMI DI CONTROLLO

[Estratto dalle Linee Guida della regione Emilia-Romagna (Bollettino Ufficiale della regione Emilia-Romagna del 19 giugno 2017 - PARTE SECONDA - N. 167: DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 12 GIUGNO 2017, N. 828 “Approvazione delle Linee guida regionali per la sorveglianza e il controllo della Legionellosi”)]

 

 

Attualmente i metodi a disposizione per il controllo della diffusione e moltiplicazione di Legionella spp negli impianti sono numerosi, tutti efficaci nel breve periodo ma non altrettanto a lungo termine.

La scelta della metodica più appropriata dipende dalle caratteristiche della struttura in cui si intende operare (ad esempio reparti a rischio di un ospedale presentano problematiche diverse rispetto ad uno stabilimento termale o ad un albergo), dell’impianto idrico e dell’acqua stessa (ad esempio la complessità ed il materiale di costruzione delle tubazioni possono impedire l’azione di un disinfettante, così come pH, temperatura e torbidità dell’acqua possono ridurne l’efficacia).

In sostanza, diverse strutture richiedono differenti soluzioni: spetta al gruppo di gestione del rischio Legionella e al personale che supervisiona il sistema idrico individuare qual è il metodo più̀ appropriato sulla base dei dati dei fabbricanti, dei rapporti pubblicati, dei consigli di esperti indipendenti e della propria conoscenza ed esperienza. A causa della variabilità̀ nei sistemi e la natura mutevole degli stessi nel tempo, ciò̀ può̀ comportare tentativi ed errori, o richiedere soluzioni diverse nel tempo e per le diverse parti del sistema (Borella et al., 2016).

In termini generali, esistono trattamenti sistemici applicabili in continuo o periodicamente o in modo spot a tutto e/o parti del sistema idrico e trattamenti localizzati solo in alcuni punti, per esempio radiazioni UV applicate all’acqua fredda in ingresso o filtri utilizzati ai punti d’uso in aree dove risiedono persone ad alto rischio. Nelle strutture sanitarie, dove il livello di rischio dei pazienti è noto e può̀ variare da un reparto all’altro, occorre valutare l’opportunità̀ di una combinazione di trattamenti sistemici e locali in punti specifici della rete distributiva dell’acqua (Marchesi et al., 2011; Casini et al., 2014).

 

Þ      LINEE GUIDA ALLA DISINFEZIONE NEI SISTEMI DI DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA PER IL CONTROLLO DELLA CONTAMINAZIONE DA LEGIONELLA SPP

 

·     per affrontare il problema Legionella, la disinfezione non può̀ essere l’unica soluzione, ma occorre attuare un sistema integrato di interventi che comprenda la manutenzione degli impianti, la formazione del personale e la diagnosi precoce dei casi;

·     prima di ogni decisione se installare o meno sistemi di disinfezione o eseguire trattamenti spot nella struttura in esame (reti di acqua calda e/o fredda), effettuare un piano di valutazione preventiva del rischio completo e aderente al contesto;

·     se dalla valutazione preventiva non emergono rischi di contaminazione e/o quando una eventuale ricerca di legionelle nel sistema ha dato esito negativo all’esame colturale, ed eventualmente anche all’esame qPCR, non vi è necessità di introdurre sistemi di disinfezione, meglio monitorare costantemente l’assenza di contaminazione;

·     per le persone ad alto rischio (quali trapiantati e immunodepressi importanti) si consiglia comunque di evitare l’esposizione all’acqua corrente, indipendentemente dal rischio Legionella e/o dalla presenza di un sistema di disinfezione sistemico, data anche la possibile presenza di altri germi potenzialmente pericolosi;

·     se il piano del rischio ha evidenziato criticità̀ non risolvibili da un punto di vista tecnico/strutturale per cui si è resa necessaria la ricerca di Legionella spp e questa ha dato esito positivo, decidere quale/quali sistemi di disinfezione adottare sulla base delle caratteristiche della contaminazione (concentrazione e tipo di legionelle riscontrate), degli impianti e dei parametri chimico-fisici dell’acqua, sempre tenendo presente, quando possibile, le caratteristiche dei frequentatori;

·     ciascun trattamento di disinfezione presenta limitazioni nell’uso e nell’efficacia temporale e ciò̀ implica la necessità di selezionare la strategia più̀ idonea al trattamento nelle differenti parti del sistema da disinfettare;

·     eventuali parti del sistema in cui è impedita la penetrazione del disinfettante (ad esempio rami morti o percorsi lunghi e tortuosi o problemi di ricircolo) riducono l'efficacia di un metodo di disinfezione, per cui la selezione di un particolare metodo deve considerare anche questi aspetti critici;

·     anche la presenza di biofilm e depositi di calcare, la corrosione, i materiali impiegati nella rete idrica e le caratteristiche chimiche e chimico-fisiche dell’acqua (quali, ad esempio, il pH, la temperatura, la torbidità̀, la durezza e la sostanza organica disciolta) possono interferire con il metodo adottato, riducendone l’efficacia;

·     le sostanze di nuova concezione da utilizzare per la disinfezione dell’acqua dovranno essere sottoposte a valutazione e autorizzazione da parte del Ministero della Salute;

·     le buone pratiche per la sperimentazione di nuove sostanze dovrebbero seguire una procedura che preveda uno studio di efficacia in vitro seguito da studi di efficacia sul campo di media/lunga durata in una o più̀ strutture;

·     sia per gli impianti di disinfezione in continuo che per eseguire trattamenti spot è buona norma rivolgersi a persone e/o ditte esperte del settore, disciplinando le attività̀ da porre in essere con un contratto che eventualmente individui anche le responsabilità̀ in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi;

·     per la scelta del disinfettante più̀ appropriato, occorre disporre, oltre che della scheda di sicurezza, anche di una scheda tecnica che indichi la tipologia del/dei disinfettanti utilizzati, la modalità̀ di preparazione se prodotti in loco, la concentrazione del disinfettante all’immissione e quella attesa ai punti periferici, nonché́ la relativa modalità̀ di misurazione sul campo, il tempo di utilizzo del disinfettante se non usato in modo continuo, e i sistemi di allarme previsti per i trattamenti in continuo;

·     per ogni disinfettante è necessario verificare preliminarmente la compatibilità̀ con i materiali delle diverse componenti degli impianti (ad esempio tubazioni, giunti, rubinetteria, ecc.) e valutare l’eventuale utilizzo di sistemi anticorrosione sia chimici (filmanti selezionati tra quelli a uso alimentare) o fisici (elettromagnetici); per tenere sotto controllo la corrosione, è importante altresì̀ evitare eccessive concentrazioni del biocida e/o la sovrapposizione tra diversi metodi di disinfezione;

·     per garantire un funzionamento efficace, tutti i sistemi di disinfezione richiedono ispezioni routinarie, taratura del livello del disinfettante, manutenzione delle attrezzature di dosaggio, monitoraggio della presenza del disinfettante anche nei punti periferici, verifica della disponibilità̀ dei materiali/reagenti che vengono consumati, verifica costante ed eventuale correzione delle condizioni operative, anche in base ai risultati dei controlli microbiologici;

·     i trattamenti di disinfezione fisico/chimica potrebbero rendere l’acqua trattata non conforme ai requisiti di qualità̀ richiesti dalla normativa vigente sulle acque destinate al consumo umano; nel caso in cui ciò̀ si verifichi è bene prevedere il controllo periodico della potabilità̀ dell’acqua ed eventualmente adottare alcune limitazioni d’uso come, ad esempio, interdire il suo impiego nella preparazione dei pasti;

·     l’adozione costante di buone pratiche di manutenzione dell’impianto idrico, quali flussaggi ripetuti, sostituzione di parti del sistema deteriorati, periodica decalcificazione e disinfezione dei terminali, può̀ contribuire a mantenere sotto controllo la contaminazione; tutte queste procedure possono variare per frequenza di applicazione in rapporto al tipo di trattamento, alle caratteristiche della contaminazione, alle attrezzature impiegate e ai rischi per gli esposti;

·     sia l’adozione di metodi di disinfezione che le procedure routinarie di manutenzione devono essere sostenibili per l’impegno economico e di personale e devono essere documentate in appositi registri controfirmati dalle persone responsabili;

·     il personale e gli appaltatori a cui spetta monitorare i sistemi di disinfezione e fare manutenzione agli impianti idrici devono essere adeguatamente formati e avere esperienza specifica degli aspetti sanitari connessi con l’esposizione a Legionella spp;

·     la comunicazione costante e in forma scritta tra le persone responsabili della salute dei pazienti/clienti/lavoratori e i tecnici responsabili degli impianti e dei sistemi di disinfezione, è alla base di una buona riuscita del sistema di controllo del rischio Legionella, e va affiancato, se necessario, a una fattiva collaborazione con gli organi istituzionali, in particolare con i Dipartimenti di Sanità Pubblica preposti alla tutela della salute della popolazione sul territorio.

 

Þ      METODI DI DISINFEZIONE

Si riporta, di seguito, una rassegna non esaustiva dei metodi attualmente utilizzati per controllare la contaminazione da Legionella e altri germi dell’acqua nei sistemi idrici, adottati singolarmente o in combinazione. Per ciascuno di essi sono riportate le caratteristiche di utilizzo e l’efficacia, fornendo alcune informazioni su vantaggi e svantaggi associati alla loro applicazione.

 MEZZI FISICI

·    FILTRAZIONE AL PUNTO DI UTILIZZO

Principio del metodo. La microfiltrazione consente di trattenere Legionella lasciando scorrere l’acqua in uscita al punto di utilizzo mediante l’impiego di una barriera meccanica costituita da un filtro di porosità̀ ≤0,2 μm. Il filtro trattiene anche altri batteri per esempio Pseudomonas e micobatteri (Sheffer et al., 2005; Ortolano et al., 2005; Baron et al., 2014).

Procedura. È un sistema di trattamento localizzato, basato sulla installazione di detti filtri ai punti terminali (rubinetti, docce) oppure nei punti di ingresso dell’acqua.

Efficacia. Si tratta di un metodo di comprovata efficacia (100%) se i filtri vengono sostituiti con regolarità̀ secondo quanto previsto dal produttore (generalmente ogni 1-2 mesi) a causa del loro progressivo intasamento.

Vantaggi. Trova applicazione, in particolar modo, nei reparti dove sono ricoverati pazienti a elevato rischio con grave immunodepressione perché́ trattengono anche gli altri germi dell’acqua che in tali pazienti possono causare infezioni importanti (Campins et al., 2000; Marchesi et al., 2011; Zhou et al., 2014; Cervia et al., 2015).

Svantaggi. Agiscono solo nel punto dove vengono installati e quindi nella rete distributiva le legionelle possono continuare a moltiplicarsi e diffondere, a meno che non si utilizzi anche un metodo di disinfezione in continuo. Sono da sostituire frequentemente e se applicati estesamente possono risultare anche costosi.

 

·     TRATTAMENTO TERMICO

Principio del metodo. Diversi studi hanno dimostrato l’effetto inattivante prodotto dall’incremento di temperatura dell’acqua calda nelle reti idriche ospedaliere e alberghiere. Negli impianti, ove l’acqua è costantemente mantenuta a temperature comprese tra 50 e 55°C, viene ridotta la proliferazione di Legionella (Darelid et al., 2002; Blanc et al., 2005). Valori superiori a 60°C (pastorizzazione) sono in grado di uccidere Legionella in modo proporzionale al tempo di esposizione (Peiro Callizo et al., 2005).

Per la disinfezione si utilizzano due approcci: lo shock termico e la disinfezione termica.

 

1.    Shock termico

Procedura. Consiste nell’elevare periodicamente la temperatura dell’acqua a 70-80°C nell’impianto assicurando il suo deflusso da tutti i punti di erogazione ad una temperatura di almeno 60°C (Lin et al., 1998A). Al termine del trattamento, occorre effettuare un controllo batteriologico su campioni di acqua prelevati nei punti distali; in caso di risultato sfavorevole, è necessario ripetere l’intera procedura fino alla decontaminazione della rete.

Efficacia. Temperature superiori a 60°C inibiscono Legionella e gli altri batteri non sporigeni come comprovato da studi in vitro e sul campo in strutture ospedaliere e nelle abitazioni (Stout et al., 1986; Vickers et al., 1987; Alary and Joly, 1991). Tuttavia, l’efficacia è scarsa se riferita al breve periodo (mesi) e ancor più̀ al lungo periodo (anni) (Chen et al., 2005; Perola et al., 2005; Mouchtouri et al., 2007).

Vantaggi. Non richiede particolari attrezzature e quindi può̀ essere messo in atto immediatamente, soprattutto in presenza di un cluster epidemico.

Svantaggi. Durante il trattamento è necessario interdire l’uso dell’acqua calda sanitaria da parte degli utenti e degli operatori al fine di evitare il rischio di ustioni.

È una modalità̀ di disinfezione sistemica ma temporanea, in quanto non impedisce la ricolonizzazione dell’impianto idrico in un periodo di tempo variabile da alcune settimane ad alcuni mesi dal trattamento (Lin et al., 1998A; Lin et al., 1998B). La ricolonizzazione a livelli pre-trattamento è stata dimostrata in ospedale già̀ un mese dopo l’applicazione, con rischio di comparsa di casi nosocomiali (Marchesi et al., 2011). Questa procedura è di difficile attuazione nei grandi impianti in quanto spesso non si riesce a ottenere il raggiungimento di temperature così elevate nei punti periferici tanto che un recente studio ha dimostrato che il metodo è efficace in meno della metà degli edifici in cui viene applicato (Kruse et al., 2016). Ha costi elevati in quanto richiede un elevato consumo di energia scarsamente compatibile con le vigenti disposizioni in materia di risparmio energetico. Richiede tempo e personale nonché́ l'installazione di sonde remote e strumenti per il controllo sia del tempo di scorrimento che della temperatura dell’acqua nei serbatoi e nei punti distali. La tenuta idraulica dell’impianto potrebbe essere compromessa da ripetuti shock termici, soprattutto in presenza di tubazioni in materiale plastico.

 

2.    Mantenimento costante della temperatura a 60°C (disinfezione termica)

Procedura. Si applica agli impianti con doppio sistema di regolazione della temperatura dell’acqua, nei quali il primo, costituito da un termostato regolato a 60°C, serve a regolare la temperatura di accumulo nei bollitori e il secondo, costituito da un miscelatore con acqua fredda posto all’uscita del bollitore, viene impiegato nel controllo della temperatura di distribuzione di acqua calda a 48-53°C. La disinfezione termica di questi impianti viene effettuata applicando la seguente procedura:

1. si innalza a 65°C la temperatura di produzione dell’acqua calda sanitaria all’interno dei bollitori;

2. si inibisce la miscelazione con acqua fredda attivando un by-pass al miscelatore mediante l’impiego di una valvola elettrica a due vie asservita a un orologio programmatore;

3. si effettua il ricircolo dell’acqua a 55-60°C in tutto l’impianto di distribuzione per almeno 30 minuti al giorno, preferibilmente durante le ore notturne al fine di limitare il consumo di acqua da parte degli utenti.

Efficacia. Questa procedura, utilizzabile solo sul circuito dell’acqua calda sanitaria, garantisce una buona efficacia se il sistema a valle del bollitore non è contaminato.

Vantaggi. Negli impianti dotati del doppio sistema di regolazione della temperatura, tale metodo può̀ essere attuato immediatamente. Non introduce contaminanti o sottoprodotti di disinfezione.

Svantaggi. In base alle temperature utilizzate, la Legionella non può̀ svilupparsi nei bollitori, ma può̀ farlo nelle reti di distribuzione e di ricircolo, e laddove queste risultino già̀ contaminate la procedura risulta inefficace. Questa procedura può̀ essere causa di ustioni agli utenti della rete idrica; inoltre può̀ portare a significativo riscaldamento del circolo dell’acqua fredda.

 

·     IRRAGGIAMENTO UV

Principio del metodo. La luce ultravioletta tra 250 e 265 (ideale 254) nanometri è in grado di inattivare i batteri dimerizzando la timina presente nel DNA in modo da ostacolarne la replicazione.

Procedura. L’apparecchio, facile da installare, deve essere posto in prossimità̀ del punto di utilizzo. L’acqua fluisce all’interno di una camera idraulica dove viene esposta alla luce ultravioletta generata da lampade al mercurio.

Efficacia. È di dimostrata efficacia in vitro e in vivo, anche se in alcuni ospedali l’utilizzo ai siti distali è risultato scarsamente efficace (Lin et al., 1998A; Lin et al., 1998B; Franzin et al., 2002). Può̀ avere maggiore validità̀ se applicato all’ingresso in una struttura nuova non ancora colonizzata e priva di biofilm (Hall et al., 2003).

Vantaggi. L’apparecchio viene facilmente installato in impianti idrici preesistenti. È un metodo alternativo di disinfezione efficace in prossimità̀ del punto di applicazione. Utile all’ingresso o in piccole aree che possono richiedere speciale attenzione come le unità con pazienti ad alto rischio, in combinazione con altri metodi di trattamento. Non sono stati riscontrati effetti avversi alle caratteristiche igienico-sanitarie dell’acqua o all’integrità̀ delle tubature (Liu et al., 1995). A differenza di quanto accade con i disinfettanti chimici, il sapore dell’acqua non viene influenzato (Triassi et al., 2006).

Svantaggi. L’irraggiamento UV risulta efficace se lo spessore del filetto fluido è limitato (in genere fino a 3 cm) e se l’acqua è scarsamente torbida. Non avendo effetto residuo, non è adeguato, come unica modalità̀, al trattamento di un intero edificio dal momento che Legionella persiste nel biofilm, nei punti morti e nelle sezioni stagnanti dell’impianto. Il metodo ha quindi una limitata applicazione come mezzo aggiuntivo di disinfezione o in alcuni punti d’uso periferici al posto dei filtri (Kelsey, 2014).

 

Metodi Chimici

·    CLORAZIONE

Principio del metodo. Il cloro è un agente ossidante utilizzato con successo nel controllo igienico-sanitario delle acque potabili. Per il trattamento di disinfezione si utilizzano due approcci: l’iperclorazione shock e l’iperclorazione continua. La concentrazione ottimale di cloro da impiegare nei due approcci varia in base alle proprietà̀ chimiche e chimico-fisiche dell’acqua e alle caratteristiche strutturali dell’impianto. Inoltre, dal momento che l’attività̀ biocida del cloro decresce rapidamente in ambiente alcalino, è necessario mantenere il pH dell’acqua a valori compresi tra 6 e 7.

 

1. Iperclorazione shock

Procedura. Viene praticata, dopo aver disattivato il riscaldamento del boiler e atteso il raffreddamento dell’impianto a temperature non superiori a 30°C, sull’acqua fredda di reintegro effettuando una singola immissione di disinfettante (ipoclorito di sodio o di calcio) fino a ottenere concentrazioni di cloro residuo libero di 20-50 mg/L in tutta la rete, ivi compresi i punti distali (Lin et al., 2002). Dopo un periodo di contatto di 2 ore per 20 mg/L di cloro oppure di 1 ora per 50 mg/L di cloro, l’acqua presente nel sistema di distribuzione viene drenata e sostituita con una nuova immissione di acqua fredda in quantità̀ tale da ridurre la concentrazione di cloro residuo entro l’intervallo di 0,5-1,0 mg/L presso i punti distali dell’impianto.

Efficacia. L’efficacia di questa procedura shock risulta scarsa perché́ Legionella persiste nelle amebe e nel biofilm e le elevate concentrazioni di cloro previste possono selezionare legionelle resistenti e presumibilmente più̀ virulente (Cooper et al., 2008; Garcia et al., 2008; Marchesi et al., 2011; Mansi et al., 2014).

Vantaggi. L’iperclorazione shock è un trattamento disinfettante forte generalmente utilizzato per attuare una profilassi immediata del sistema idrico a seguito della comparsa di uno o più̀ casi.

Svantaggi. È una modalità̀ di disinfezione sistemica ma temporanea, in quanto non impedisce la ricolonizzazione dell’impianto idrico in un periodo di tempo variabile da alcune settimane ad alcuni mesi dal termine del trattamento. Ha un’azione fortemente corrosiva nei confronti dei materiali impiegati nelle reti idriche (Castillo Montes et al., 2014). Durante il trattamento è necessario interdire l’uso dell’acqua calda sanitaria da parte degli utenti e operatori al fine di evitare l’esposizione a elevate concentrazioni del disinfettante. È un metodo costoso, corrosivo, inadeguato al raggiungimento degli obiettivi e quindi sconsigliabile se non in situazioni di grande emergenza, da non ripetere nel tempo. Dà luogo a sottoprodotti della disinfezione, in particolare trialometani e clorati (Lin et al., 1998A; Ortolano et al., 2005; WHO, 2011; Orsi et al., 2014).

 

2. Iperclorazione continua

Procedura. Si ottiene con l’aggiunta continua di cloro che può̀ essere introdotto, di norma, sotto forma di ipoclorito di sodio o di calcio. I livelli residui di cloro in questo caso possono variare a seconda della qualità̀ dell’acqua, del flusso e della presenza di biofilm; il disinfettante residuo deve essere compreso tra 1 e 3 mg/L.

Efficacia. Studi condotti sul campo in strutture ospedaliere riportano una scarsa efficacia di questo metodo nel controllo della contaminazione da legionelle (Shands et al., 1985; Snyder et al., 1990; Hamilton et al., 1996; Ditommaso et al., 2006).

Vantaggi. L’iperclorazione continua è una modalità̀ di disinfezione generale che garantisce una concentrazione residua del disinfettante in tutto il sistema di distribuzione dell’acqua in modo da minimizzare la colonizzazione da Legionella nei punti distali.

Svantaggi. Il cloro è corrosivo e può̀ provocare danni alle tubature. Inoltre, va considerato che la concentrazione necessaria al trattamento non è compatibile con gli standard attuali sull’acqua potabile sia in termini di disinfettante residuo che, potenzialmente, come formazione di sottoprodotti, in particolare trialometani e clorati (Lin et al., 1998A; Ortolano et al., 2005; WHO, 2011; Orsi et al., 2014). Pertanto, durante tutta la durata dell’iperclorazione continua si raccomanda l’adozione di misure cautelative nei confronti di pazienti e/o operatori affetti da patologie cutanee o, comunque, sensibili alla presenza di cloro residuo ai livelli impiegati. È inoltre necessario interdire l’uso potabile dell’acqua calda sanitaria (in particolare nella preparazione di cibi e bevande calde), informando al contempo l’utenza.

 

·     BIOSSIDO DI CLORO

Principio del metodo. Il biossido di cloro è un gas prodotto in situ mescolando i precursori quali il sodio clorito e un acido forte oppure per generazione elettrolitica (Lin et al., 2011). Procedura. Il biossido di cloro viene prodotto in loco utilizzando un apposito generatore installato in prossimità̀ del punto di immissione in rete. La concentrazione efficace consigliata da alcuni autori varia tra 0,1 e 1,0 mg/L (0,3-0,5 ai punti periferici) a seconda delle peculiarità̀ dell’impianto, delle caratteristiche chimiche dell’acqua e del livello quali-quantitativo della contaminazione da Legionella. In caso di forte contaminazione microbiologica, è stato proposto il lavaggio temporaneo della rete di distribuzione con biossido di cloro a concentrazioni comprese tra 5 e 10 mg/L, assicurando il flussaggio di tutti i punti di prelievo. Al termine del breve trattamento shock, durante il quale deve essere interdetto il consumo dell’acqua calda sanitaria a uso potabile, quest’ultima viene drenata e sostituita con un nuovo apporto fino a ridurre la concentrazione del biocida ai livelli di routine (<1,0 mg/L).

Efficacia. Il biossido di cloro è stato utilizzato con successo in acquedottistica e successivamente applicato nel controllo della contaminazione da Legionella negli impianti per la produzione di acqua sanitaria (Srinivasan et al., 2003; Zhang et al., 2007). Rispetto al cloro, sembra essere più̀ attivo nei confronti del biofilm. Mostra una diversa efficacia in funzione dei materiali impiegati nella rete di distribuzione, maggiore su gomma rispetto alla plastica, mentre non sembra impiegabile in presenza di tubazioni in rame (Lin et al., 2011; Kelsey, 2014).

Vantaggi. La sua azione non è influenzata dal pH dell’acqua trattata o dalla presenza di inibitori della corrosione e ha una attività̀ residua. Non produce composti organo-alogenati come i trialometani. Riduce la crescita del biofilm e sembra essere meno corrosivo rispetto al cloro (Lin et al., 2011; Kelsey, 2014).

Svantaggi. Può̀ dar luogo alla formazione di sottoprodotti inorganici (clorito e clorato) della disinfezione (WHO, 2007; Marchesi et al., 2013). Alle concentrazioni più̀ elevate (>0,4 mg/L) esplica un’azione corrosiva nei confronti delle reti di distribuzione dell’acqua calda sanitaria e influisce negativamente sulla qualità̀ dell’acqua distribuita (Zhang et al., 2008; Chord et al., 2011). Richiede tempi lunghi (6 mesi - 1 anno) per ottenere risultati soddisfacenti (Lin et al., 2011; Kelsey, 2014).

 

·     MONOCLORAMMINA

Principio del metodo. Le clorammine sono derivate dall’ammonio per sostituzione di 1, 2 o 3 atomi di idrogeno con il cloro (mono di e tri-clorammine rispettivamente). La monoclorammina viene generata in situ mescolando in proporzioni stechiometriche acido ipocloroso con ammonio e viene impiegata da oltre 20 anni negli USA per la disinfezione delle acque potabili (Kool et al., 1999; Heffelfinger et al., 2003). In Italia è stata recentemente sperimentata nel trattamento di disinfezione dell’acqua calda sanitaria in strutture ospedaliere (Marchesi et al., 2012; Marchesi et al., 2013; Coniglio et al., 2015; Marchesi et al., 2016).

Procedura. La monoclorammina viene dosata in acqua alla concentrazione di 2-3 mg/L ai punti periferici.

Efficacia. Il disinfettante è risultato particolarmente efficace nel ridurre la legionella nei sistemi di distribuzione dell’acqua negli ospedali sia nel breve che nel lungo periodo (Finney et al., 2008; Marchesi et al., 2012; Kandiah et al., 2013; Marchesi et al., 2013; Duda et al., 2014; Coniglio et al., 2015; Marchesi et al., 2016).

Vantaggi. Ha la stessa modalità̀ di azione del cloro, ma decade più̀ lentamente in quanto è scarsamente volatile e non forma trialometani con la sostanza organica disciolta. La maggiore persistenza in acqua rispetto al cloro e al biossido di cloro ne assicura una più̀ efficace diffusione nelle zone stagnanti e all’interno del biofilm (Lin et al., 2011; Kelsey, 2014). Se correttamente prodotta e dosata, presenta una maggiore compatibilità̀ con i materiali impiegati nelle reti di distribuzione (Marchesi et al., 2016). Dati recenti di utilizzo in ospedale confermano che non vi sono incrementi nelle popolazioni microbiche né altri effetti negativi come l’aumento di nitrati e nitriti che possono dar luogo a formazione di nitrosamine (Duda et al., 2014; Baron et al., 2015; Xiao et al., 2015; Marchesi et al., 2016).

 

·     IONIZZAZIONE RAME-ARGENTO

Principio del metodo. Gli ioni rame e argento caricati positivamente formano legami elettrostatici con punti caricati negativamente alla superficie dei batteri; ciò̀ crea una situazione di stress che porta a distorsione nella permeabilità̀ della parete cellulare, denaturazione delle proteine, lisi e morte della cellula (Walraven et al., 2015).

Procedura. Gli ioni rame e argento sono generati elettroliticamente in quantità̀ proporzionale all’intensità̀ di corrente applicata agli elettrodi e al tempo di elettrolisi. È richiesta una concentrazione tra 0,2 e 0,4 mg/L di Cu e tra 0,02-0,04 mg/L per lo ione argento (Lin et al., 2011).

Efficacia. L’efficacia di questo metodo è largamente documentata in studi sul campo condotti per mesi e/o anni in strutture sanitarie (Stout et al., 2003; Modol et al., 2007; Chen et al., 2008; Dziewulski et al., 2015). Casi di inefficacia sono descritti in tre studi (Rohr et al., 1999; Mathys et al., 2002; Blanc et al., 2005). Alcune pubblicazioni riportano che questi ioni sono capaci di penetrare nei biofilm (Liu et al., 1998; Exner et al., 2005).

Vantaggi. Il metodo è di facile applicazione, relativamente poco costoso e non è influenzato dalla temperatura dell’acqua. Inoltre, dato che il rame si accumula nel biofilm, l’effetto battericida persiste per alcune settimane dalla disattivazione del sistema di trattamento ritardando la ricolonizzazione. Non è stata riscontrata la formazione di sottoprodotti di disinfezione (Liu et al., 1998).

Svantaggi. Poiché́ le concentrazioni degli ioni rame e argento sono soggette a fluttuazioni con il pH dell’acqua (valore ottimale: 6 - 8), è necessario controllare sistematicamente la loro concentrazione anche per non eccedere i valori consigliati per le acque potabili. Sia il cloro libero residuo che gli inibitori della corrosione possono alterare la concentrazione degli ioni rame, riducendone l’efficacia. Concentrazioni eccessive possono dar luogo a incrostazioni sugli elettrodi e depositi sul fondo dei serbatoi, colorano l’acqua e macchiano di violetto le superfici porcellanate dei lavandini (Triantafyllidou et al., 2016).

Tale tecnica non è adatta al trattamento di reti idriche in acciaio inox, acciaio zincato e rame a causa di fenomeni ossido-riduttivi che si possono innescare tra le tubazioni e il disinfettante. Esistono dati che indicano la possibilità̀ di sviluppo di resistenza nel tempo da parte di Legionella sia al rame che all’argento (Loret et al., 2005; Lin et al., 2011).

 

·     PEROSSIDO DI IDROGENO E ARGENTO

Principio del metodo. Il trattamento viene effettuato tramite una soluzione stabile e concentrata contenente perossido di idrogeno (acqua ossigenata) e ioni argento, sfruttando l’azione battericida di ciascun componente e la sinergia che tra di loro si sviluppa (effetto catalitico dello ione argento). L’impiego di questo disinfettante è relativamente recente e necessita di ulteriori conferme sperimentali.

Procedura. Il reagente, in soluzione stabilizzata, viene immesso in rete mediante una pompa dosatrice controllata da un idoneo dispositivo di regolazione in funzione del flusso dell’acqua da trattare.

Efficacia. La concentrazione in acqua proposta da alcuni autori per il controllo della contaminazione della rete idrica è di 10-25 mg/L per il perossido di idrogeno e di 10 μg/L per lo ione argento (Shuval et al., 2009; Cristino et al., 2012; Marchesi et al. 2016; Casini et al. 2017).

Vantaggi. L’azione ossidante del perossido di idrogeno è considerata meno aggressiva di quella esercitata dal biossido di cloro o dal cloro e non si associa alla formazione di sottoprodotti inorganici e organici. La concentrazione degli ioni argento è estremamente modesta per cui l’aggiunta dell’argento potrebbe non essere indispensabile per ottenere il controllo della contaminazione da Legionella (Marchesi et al. 2016; Casini et al. 2017).

Svantaggi. Poiché́ le concentrazioni di perossido di idrogeno e di ioni argento sono soggette a fluttuazioni, è necessario controllarne sistematicamente il loro valore.

Allo stato attuale non esistono prove esaustive sul comportamento dinamico di tale disinfettante nel tempo.

 

·     OZONIZZAZIONE

Principio del metodo. L’ozono è un biocida in grado di danneggiare irreversibilmente il DNA dei microrganismi. Viene introdotto in acqua alla concentrazione di 1-2 mg/L da un generatore operante in funzione della velocità di flusso dell’acqua da trattare. Tuttavia, essendo caratterizzato da un tempo di emivita estremamente breve non ha effetto residuo, per cui non può̀ essere impiegato nel trattamento sistemico dell’impianto. Gli impianti che producono ozono sono normalmente molto costosi. Ha un minimo impatto sul biofilm, produce sottoprodotti e, ad alte dosi, può̀ danneggiare le condutture (Von Gunten, 2003). I pochi studi esistenti riguardanti l’utilizzo sul campo dell’ozono ne riportano l’inefficacia nel controllare la contaminazione da Legionella a causa della difficoltà nel mantenere adeguate concentrazioni nel tempo (Blanc et al., 2005; Ortolano et al., 2005; Palmore et al., 2009).

 

 

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